C’era una volta, un sabato mattina, un signore che aspettava l’apertura del suo barbiere di fiducia a Milano. Era un uomo all’apparenza normale che nell’attesa camminava avanti e indietro e fumava. Un giornalista che passava casualmente da quelle parti rimase colpito dallo strano comportamento dell’uomo e così, seguendo una sorta d’istinto proveniente dalle viscere più profonde e che faceva leva sull’obbligo professionale di raccontare tutta la verità e solo la verità, decise di seguirlo e di riprenderlo con la sua telecamera portatile, sicuro che avrebbe realizzato lo scoop della sua vita. Il giornalista si nascose quindi dietro a un bidone della spazzatura e osservò. L’uomo aveva spento la sigaretta e buttato il mozzicone nel cestino dei rifiuti AMSA – un gesto quantomeno bizzarro che il giornalista annotò – ed era entrato dal barbiere per farsi fare barba e capelli. Una volta uscito il giornalista iniziò un vero e proprio pedinamento nella speranza di vedere qualcosa che potesse confermare il suo presentimento oscuro. Vide che l’uomo camminava a passo abbastanza spedito, cioè non velocemente ma neanche con il ritmo lento di un pensionato novantenne. Poteva forse significare che l’uomo stava fuggendo da qualcuno o qualcosa? L’ipotesi fu subito stroncata: l’uomo si era fermato al semaforo per aspettare il verde (un fuggitivo non lo farebbe!). Qualcosa non quadrava lo stesso, era come uno spot all’incontrario. Il giornalista continuò a seguirlo nascondendosi dietro macchine, pali della luce e palloncini colorati dei bambini. L’uomo d’improvviso si fermò e frugò nella tasca dei pantaloni. Voleva tirare fuori qualcosa che evidentemente era rimasto incastrato – il giornalista pensò subito al peggio, si piegò a ripararsi la testa temendo che l’uomo estraesse una pistola e facesse una strage. E invece non si sentirono spari e nessuno urlò. L’uomo aveva semplicemente preso il suo pacchetto di sigarette e se ne era accesa una (un’ennesima congettura fallita). Il pedinamento proseguì per altri 10 interminabili minuti finché finalmente accadde qualcosa che diede risposta a tutti gli interrogativi del giornalista. L’uomo si sedette su una panchina. Il giornalista si appostò dietro a un alberello che portava i segni dell’incedere autunnale e fissò attentamente: la risposta era lì, proprio sotto i suoi occhi. L’uomo all’apparenza era normalissimo - camicia bianca, pantalone nero, mocassino lucido - se non fosse stato per un particolare a dir poco stravagante: un calzino color turchese. Una scelta stilistica del genere non poteva che indicare uno squilibrio mentale gravissimo. Ora tutti i conti tornavano! Il nervoso andare avanti e indietro davanti al negozio del barbiere e tutte le sigarette, fatti a prima vista innocui, calati in questo scenario di morbosa anormalità assumevano un significato terrorizzante. Il giornalista era su di giri per la fortuna di essersi trovato nel posto giusto al momento giusto e di aver così scovato un maniaco criminale che con il suo calzino turchese andava a turbare la serenità di un tranquillo sabato mattina milanese. Il giornalista fece subito delle ricerche e scoprì che l’uomo dal calzino turchese era niente di meno che un giudice, una di quelle persone che con il suo verdetto è in grado di decidere sulla vita di noi normali cittadini. E come può un magistrato dai comportamenti tanto bizzarri giudicare su fatti a lui estranei? Come possiamo essere certi che la sua sentenza non sia invece generata dalla malattia e dalla cattiveria che abitano la sua mente?
Non sappiamo se il servizio poi andato in onda su uno dei canali nazionali con maggiore audience sia valso al giornalista un premio speciale o se questi abbia ricevuto una degna ricompensa pecuniaria, magari con un avanzamento di carriera o un bell’aumento di stipendio. Certo è che ancora una volta, grazie alla professionalità, al talento e, perché no, a una buona dose di fortuna, possiamo noi italiani ringraziare i giornalisti, gli autentici garanti della verità, per averci messo in guardia da certi loschi individui. Attenzione: non sottovalutate mai un calzino turchese!