Sarà l’estate lunatica amburghese che mi fa rimpiangere l’afa meneghina, sarà forse che stanno capitando delle cose così importanti nella mia vita che sento a volte il disperato bisogno di guardare indietro e rivedermi bambina, sarà un semplice caso. Non so perché ma ho di nuovo voglia di raccontare un fatto divertente capitatomi qualche anno fa. Quindi questo post non ha niente a che vedere con episodi d’oltre cavolo, anche se inevitabilmente lo spunto non può che derivare da qui.
Ho parcheggiato la mia macchina tedesca, una VW ovviamente, sotto un albero. Pare che questo albero sia stato scelto da degli uccelli enormi per fare il nido. Potete immaginare lo stato pietoso della vettura dopo qualche giorno: letteralmente coperta di sterco incrostato. Sono davanti al disastro e vengo sbalzata indietro nel tempo e nello spazio. Mi ritrovo a Milano, ca. 4 anni fa, davanti alla mia prima amatissima macchina, una Twingo verde pisellissimo, inconfondibile. Solo che quel giorno il bel verde smagliante della monovolume era ben poco visibile. Avevo parcheggiato un paio di notti prima, dannata me, sotto casa della Samaritana. La Samaritana era una signora dal cuore tanto grande da sfamarci tutti i piccioni lombardi. Dalla Val Seriana al Pavese inoltrato, convergevano tutti volando in via Ruggero di Lauria e si lasciavano rimpinzare per poi lascivamente defecare sull’asfalto comunale e su tutto quello che disgraziatamente si trovava sulla traiettoria.
No, non potevo certo andare in giro con un tal “popò” di macchina…via di corsa all’autolavaggio più vicino. E chi l’avrebbe mai detto che proprio quel giorno si sarebbe avverato uno dei miei sogni di lunghissima data? In coda davanti al tunnel dell’autolavaggio vedo che la signora prima di me non scende ma resta a bordo. Chiedo subito spiegazioni: “perché la signora può rimanere su?” – risposta: “perché ha un bambino piccolo addormentato sul sedile anteriore” – replica prontissima “io ho il mio zaino sul sedile!” – assoluzione: “va bene Signorina, resti su”. Ma quanti anni avevo quando per la prima volta mi chiesi com’è stare all’interno dell’autolavaggio, vedere tutto da davanti, come nella tribuna VIP di San Siro??? 3, 4??? E quante volte mi sono sentita dire “no, non si può rimanere in macchina, bisogna scendere!”…
E ora, dopo 20 anni, sono nel tunnel, mi godo la danza di spazzoloni e le piroette di spruzzi; bollicine come se nevicasse e il vento che accarezza la carrozzeria ripercuotendosi come un brivido di piacere nell’abitacolo. Che meraviglia l’autolavaggio!
Ma non è finita…
La macchina era stata talmente intaccata dalle deiezioni colombine che un passaggio attraverso il tunnel dei sogni si rivelò insufficiente. E così mi hanno regalato un secondo giro all’autolavaggio, sempre con biglietto per la prima fila!
Sono sicura di averlo ancora da qualche parte il tagliando – per principio e malattia conservo tutto, soprattutto se so che un misero foglietto con una data e un timbro è capace di riportarmi anche solo per un secondo ad un episodio così stupido eppure così felice!
Ho parcheggiato la mia macchina tedesca, una VW ovviamente, sotto un albero. Pare che questo albero sia stato scelto da degli uccelli enormi per fare il nido. Potete immaginare lo stato pietoso della vettura dopo qualche giorno: letteralmente coperta di sterco incrostato. Sono davanti al disastro e vengo sbalzata indietro nel tempo e nello spazio. Mi ritrovo a Milano, ca. 4 anni fa, davanti alla mia prima amatissima macchina, una Twingo verde pisellissimo, inconfondibile. Solo che quel giorno il bel verde smagliante della monovolume era ben poco visibile. Avevo parcheggiato un paio di notti prima, dannata me, sotto casa della Samaritana. La Samaritana era una signora dal cuore tanto grande da sfamarci tutti i piccioni lombardi. Dalla Val Seriana al Pavese inoltrato, convergevano tutti volando in via Ruggero di Lauria e si lasciavano rimpinzare per poi lascivamente defecare sull’asfalto comunale e su tutto quello che disgraziatamente si trovava sulla traiettoria.
No, non potevo certo andare in giro con un tal “popò” di macchina…via di corsa all’autolavaggio più vicino. E chi l’avrebbe mai detto che proprio quel giorno si sarebbe avverato uno dei miei sogni di lunghissima data? In coda davanti al tunnel dell’autolavaggio vedo che la signora prima di me non scende ma resta a bordo. Chiedo subito spiegazioni: “perché la signora può rimanere su?” – risposta: “perché ha un bambino piccolo addormentato sul sedile anteriore” – replica prontissima “io ho il mio zaino sul sedile!” – assoluzione: “va bene Signorina, resti su”. Ma quanti anni avevo quando per la prima volta mi chiesi com’è stare all’interno dell’autolavaggio, vedere tutto da davanti, come nella tribuna VIP di San Siro??? 3, 4??? E quante volte mi sono sentita dire “no, non si può rimanere in macchina, bisogna scendere!”…
E ora, dopo 20 anni, sono nel tunnel, mi godo la danza di spazzoloni e le piroette di spruzzi; bollicine come se nevicasse e il vento che accarezza la carrozzeria ripercuotendosi come un brivido di piacere nell’abitacolo. Che meraviglia l’autolavaggio!
Ma non è finita…
La macchina era stata talmente intaccata dalle deiezioni colombine che un passaggio attraverso il tunnel dei sogni si rivelò insufficiente. E così mi hanno regalato un secondo giro all’autolavaggio, sempre con biglietto per la prima fila!
Sono sicura di averlo ancora da qualche parte il tagliando – per principio e malattia conservo tutto, soprattutto se so che un misero foglietto con una data e un timbro è capace di riportarmi anche solo per un secondo ad un episodio così stupido eppure così felice!