Sono nato diverso dagli altri. Come loro vivo nell’acqua, circondato da bolle e da vetro. Fisicamente non siamo diversi, abbiamo tutti le stesse zampe e lo stesso colore. Però io sono diverso dentro, ho un potere, una forza che i miei simili non hanno. Vedo immagini di altri esseri che corrono dietro a una palla. Riesco a vedere la palla entrare in una rete, ma la rete non si trova nell’acqua – non è la stessa che ha pescato il mio avo in chissà quali mari. O magari è anch’essa acqua quella distesa verde delle mie visioni?
La mia capacità di vedere questi esseri atletici non viene sempre presa in considerazione da quelli che abitano fuori dalla mia casa. Solo ogni due anni vengo messo alla prova. E quest’anno in particolare sento che la cosa sta diventando importante. Prima era solo qualche persona che si avvicinava e mi illuminava con un apparecchio che teneva davanti alla faccia. Ieri erano centinaia. Tanti apparecchietti, tanti lampi di luce fluorescente, chi prendeva un appunto su un blocchetto, chi parlava da solo. Tante voci che a me arrivano come un rimbombo smorzato.
Poi l’esame: hanno immerso nella mia vasca due scatole con dentro le prelibatezze che amo tanto. Mi hanno messo davanti a un bivio. È calato il silenzio. Come le altre settimane e come la settimana scorsa, quando ho dovuto scegliere tra la solita bandiera rossa, gialla e nera e una bianca e azzurra.
Cosa capita nella mia testa? Vi racconto com’è andata l’ultima volta. Ero agitato già dalla notte prima. Vedevo un ometto piccolo, scuro ed elegante, non mi ricordo se aveva in bocca un sigaro; questo ometto guardava verso la distesa verde e gridava. Parole incomprensibili. “Mierda” mi sembra fosse una. Poi vedevo un signore capellone, un viso a me già noto, che urlava più forte di quello piccolo e con suoni più aspri, e a volte saltava e rideva e abbracciava gli altri. E quello piccolo piangeva. E poi altri 11 uomini sono andati in fila lungo un vicolo che li portava lontano dal verde. E piangevano. Ma altri 11 con una maglietta diversa, nera se non sbaglio, sono rimasti sul campo, e festeggiavano, alcuni piangevano di lacrime diverse. Una notte agitata, sapevo che la prova era imminente… Poi è arrivato il giorno e hanno messo le due scatole nella vasca. Ci ho pensato tanto. Non riuscivo a ricordare chi piangeva di rabbia e chi di gioia. Ho osservato le due bandiere a lungo, anche a costo di farmi sopraffare dai crampi allo stomaco. Dopo un’ora non avevo più dubbi, quella scarica elettrica che mi attraversa a ogni prova da testa a punte mi ha condotto ancora una volta verso la scatola con i colori noti e più forti, quel nero, quel giallo, quel rosso.
E ieri l’ennesima prova. Ma qualcosa è cambiato. Ho vissuto la notte delle visioni con un senso di rassegnazione. Davanti alle due scatole sono andato deciso verso una bandiera che non avevo mai scelto. C’era del rosso, c’era del giallo.
Questa volta non c’è stato lo scroscio di giubilo dopo pranzo, solo flash ammutoliti. Forse ho sbagliato, la scarica elettrica lungo i tentacoli può avermi tradito.
Ma di una cosa sono certo: non importa se ho scelto la scatola giusta o quella sbagliata. Qualsiasi sarà il verdetto sento che la mia vita potrebbe essere in pericolo. Questa notte ho avuto una visione, forse l’ultima: ero in una vasca strettissima e angusta, l’acqua non bastava neanche. E diventava tutto caldo, caldissimo, bollente, incandescente. E poi il buio.
E vedere da fuori se stessi, a pezzetti, la carne morbida e rosata e intorno dei pezzi caldi gialli. E sentire solo una frase “questo polpo con patate è una meraviglia!”.
La mia capacità di vedere questi esseri atletici non viene sempre presa in considerazione da quelli che abitano fuori dalla mia casa. Solo ogni due anni vengo messo alla prova. E quest’anno in particolare sento che la cosa sta diventando importante. Prima era solo qualche persona che si avvicinava e mi illuminava con un apparecchio che teneva davanti alla faccia. Ieri erano centinaia. Tanti apparecchietti, tanti lampi di luce fluorescente, chi prendeva un appunto su un blocchetto, chi parlava da solo. Tante voci che a me arrivano come un rimbombo smorzato.
Poi l’esame: hanno immerso nella mia vasca due scatole con dentro le prelibatezze che amo tanto. Mi hanno messo davanti a un bivio. È calato il silenzio. Come le altre settimane e come la settimana scorsa, quando ho dovuto scegliere tra la solita bandiera rossa, gialla e nera e una bianca e azzurra.
Cosa capita nella mia testa? Vi racconto com’è andata l’ultima volta. Ero agitato già dalla notte prima. Vedevo un ometto piccolo, scuro ed elegante, non mi ricordo se aveva in bocca un sigaro; questo ometto guardava verso la distesa verde e gridava. Parole incomprensibili. “Mierda” mi sembra fosse una. Poi vedevo un signore capellone, un viso a me già noto, che urlava più forte di quello piccolo e con suoni più aspri, e a volte saltava e rideva e abbracciava gli altri. E quello piccolo piangeva. E poi altri 11 uomini sono andati in fila lungo un vicolo che li portava lontano dal verde. E piangevano. Ma altri 11 con una maglietta diversa, nera se non sbaglio, sono rimasti sul campo, e festeggiavano, alcuni piangevano di lacrime diverse. Una notte agitata, sapevo che la prova era imminente… Poi è arrivato il giorno e hanno messo le due scatole nella vasca. Ci ho pensato tanto. Non riuscivo a ricordare chi piangeva di rabbia e chi di gioia. Ho osservato le due bandiere a lungo, anche a costo di farmi sopraffare dai crampi allo stomaco. Dopo un’ora non avevo più dubbi, quella scarica elettrica che mi attraversa a ogni prova da testa a punte mi ha condotto ancora una volta verso la scatola con i colori noti e più forti, quel nero, quel giallo, quel rosso.
E ieri l’ennesima prova. Ma qualcosa è cambiato. Ho vissuto la notte delle visioni con un senso di rassegnazione. Davanti alle due scatole sono andato deciso verso una bandiera che non avevo mai scelto. C’era del rosso, c’era del giallo.
Questa volta non c’è stato lo scroscio di giubilo dopo pranzo, solo flash ammutoliti. Forse ho sbagliato, la scarica elettrica lungo i tentacoli può avermi tradito.
Ma di una cosa sono certo: non importa se ho scelto la scatola giusta o quella sbagliata. Qualsiasi sarà il verdetto sento che la mia vita potrebbe essere in pericolo. Questa notte ho avuto una visione, forse l’ultima: ero in una vasca strettissima e angusta, l’acqua non bastava neanche. E diventava tutto caldo, caldissimo, bollente, incandescente. E poi il buio.
E vedere da fuori se stessi, a pezzetti, la carne morbida e rosata e intorno dei pezzi caldi gialli. E sentire solo una frase “questo polpo con patate è una meraviglia!”.
Chi non ha mai sentito parlare del polpo Paul può leggere qualcosa qui: