Se c’è una cosa su cui i nostri amici d’oltre cavolo non scherzano è l’avvento. Un periodo speciale, l’Adventszeit è più importante del Natale stesso e per festeggiarlo in tutto il suo profondo significato di attesa, i centri delle città si animano con i mercatini natalizi.
Il Weihnachtsmarkt. Un’atmosfera che ammorbidisce il cuore anche dei cinici più recidivi. Non si può dire “io quest’anno il Natale non lo sento” perché uscendo dalla metropolitana si è investiti dal profumo acre eppur dolciastro di Glühwein (vin brulé ma molto più buono), presi per il naso dalla fragranza dei dolcetti appena usciti dalla friggitrice (i fenomenali Schmalzkuchen scoperti l’anno scorso), accarezzati dall’aria torbida di polvere di carbonella intrisa del grasso delle salsicce e dei maxi spiedini (solo una parte delle specialità gastronomiche dei mercatini).
Non si va al Weihnachtsmarkt solo per comprare decorazioni e regali. Prezzi proibitivi a parte non è questo lo scopo primario delle visite frequenti. Ci si va per condividere un’allegria che forse tutti abbiamo aspettato tanto durante l’anno. Fateci caso, tutti sorridono! Un’espressione beata modella il viso di chiunque non appena avvicina il naso congestionato alla tazza ancora fumante, tenendola con due mani e chiudendo quasi gli occhi. Inalazioni di felicità, le gote che riprendono colore dopo l’aggressione del gelo, il sospiro profondo dopo la prima sorsata bollente che fa capire di essere ancora vivi. Momenti di gioia che non costano tanto, solo i pochi euro del vino a cui si somma il Pfand, più che obbligatoria direi la necessaria cauzione per evitare i furti delle tazze. Certo, purtroppo c’è chi si lascia trascinare troppo dalla gioia e chi ne ha bisogno più di altri, e si assistono a scene di barcollamenti strazianti, specialmente il sabato sera.
L’avvento è luce. Le luminarie e le catene di lucine dei mercatini sono solo la parte ufficiale di questa magia. Molto più caratteristica e importante è l’iniziativa personale. La prima domenica d’avvento sui davanzali delle case ritrovano finalmente posto dopo quasi un anno di riposo polveroso gli archi di luce, i Lichterbogen. Sembra una sfida a chi ha la finestra più illuminata. Per me non sono solo decorazioni ma rappresentano il mio punto di conforto contro l’oscurità invernale del nord, un buio che mi confonde, mi acceca e che a volte sembra inghiottirmi con la sua profondità. Ma guardare le finestre illuminate delle altre case mentre cammino sulla via del ritorno è un’anticipazione del calore della mia. Ovviamente anche il nostro appartamento è decorato a dovere, per Sven è un obbligo non aggirabile. La prima domenica d’avvento dobbiamo essere pronti anche noi e accendere le candele della nostra piramide girevole di legno mentre ci gustiamo qualche delizia, sotto gli occhi immobili dei Räuchermännchen e del signor Nussknacker. Ogni anno però c’è la discussione sulla decorazione dell’abete, il famoso Oh Tannenbaum oh Tannenbaum, wie grün sind deine Blätter. Già convincere il marito a comprare l’albero finto è stata un’impresa – mi rendo conto che l’albero finto non sia proprio il massimo dell’eleganza ma io non voglio essere complice dell’annuale strage di abeti! Se poi l’alberello finto deve essere decorato “all’italiana”, allora i contrasti non sono solo estetici ma addirittura culturali. Sven non è il solo, molti altri tedeschi prendono in giro i nostri alberi italiani perché lampeggiano. Ma non è proprio questo il bello, la sana psichedelia pacchiana che io sfacciatamente definisco giochi di luce casalinghi? Non è liberatorio, una volta l’anno, lasciarsi andare alla kitscheria natalizia becera che fa tanto atmosfera?
Il mio alberello milanese, oltre ad avere due velocità d’intermittenza, cambiava addirittura colore – giallo, rosso, blu! Le luci di quello amburghese, invece, sono fisse e severe. La decorazione meneghina era esageratamente “glamour”, carica com’era di boa dorati e fili argentati. Quella anseatica, invece, è molto più sobria ed elegantemente meditata.
Ci sarebbe poi un altro tema di discussione interculturale ossia quando arriva Babbo Natale? Quando si aprono i regali? Però di questo ne parlerò in uno dei prossimi post (intanto leggete una storia vera qui).
Ma una cosa mi sento ancora di dire: consiglio a tutti di sfidare il freddo, bardarsi a dovere e bersi un bel vino bollente all’aperto – non importa se al mercatino di Natale di Amburgo, sul balcone di casa in montagna o in piena circonvallazione a Milano.
E c’è anche un’alternativa per gli astemi, le gravide, i guidatori e chi ha già alzato il gomito: far scaldare in un pentolino un litro di succo di mela con un bastoncino di cannella, un cucchiaio di miele e chiodi di garofano. Vi guarirà l'anima!
Il Weihnachtsmarkt. Un’atmosfera che ammorbidisce il cuore anche dei cinici più recidivi. Non si può dire “io quest’anno il Natale non lo sento” perché uscendo dalla metropolitana si è investiti dal profumo acre eppur dolciastro di Glühwein (vin brulé ma molto più buono), presi per il naso dalla fragranza dei dolcetti appena usciti dalla friggitrice (i fenomenali Schmalzkuchen scoperti l’anno scorso), accarezzati dall’aria torbida di polvere di carbonella intrisa del grasso delle salsicce e dei maxi spiedini (solo una parte delle specialità gastronomiche dei mercatini).
Non si va al Weihnachtsmarkt solo per comprare decorazioni e regali. Prezzi proibitivi a parte non è questo lo scopo primario delle visite frequenti. Ci si va per condividere un’allegria che forse tutti abbiamo aspettato tanto durante l’anno. Fateci caso, tutti sorridono! Un’espressione beata modella il viso di chiunque non appena avvicina il naso congestionato alla tazza ancora fumante, tenendola con due mani e chiudendo quasi gli occhi. Inalazioni di felicità, le gote che riprendono colore dopo l’aggressione del gelo, il sospiro profondo dopo la prima sorsata bollente che fa capire di essere ancora vivi. Momenti di gioia che non costano tanto, solo i pochi euro del vino a cui si somma il Pfand, più che obbligatoria direi la necessaria cauzione per evitare i furti delle tazze. Certo, purtroppo c’è chi si lascia trascinare troppo dalla gioia e chi ne ha bisogno più di altri, e si assistono a scene di barcollamenti strazianti, specialmente il sabato sera.
L’avvento è luce. Le luminarie e le catene di lucine dei mercatini sono solo la parte ufficiale di questa magia. Molto più caratteristica e importante è l’iniziativa personale. La prima domenica d’avvento sui davanzali delle case ritrovano finalmente posto dopo quasi un anno di riposo polveroso gli archi di luce, i Lichterbogen. Sembra una sfida a chi ha la finestra più illuminata. Per me non sono solo decorazioni ma rappresentano il mio punto di conforto contro l’oscurità invernale del nord, un buio che mi confonde, mi acceca e che a volte sembra inghiottirmi con la sua profondità. Ma guardare le finestre illuminate delle altre case mentre cammino sulla via del ritorno è un’anticipazione del calore della mia. Ovviamente anche il nostro appartamento è decorato a dovere, per Sven è un obbligo non aggirabile. La prima domenica d’avvento dobbiamo essere pronti anche noi e accendere le candele della nostra piramide girevole di legno mentre ci gustiamo qualche delizia, sotto gli occhi immobili dei Räuchermännchen e del signor Nussknacker. Ogni anno però c’è la discussione sulla decorazione dell’abete, il famoso Oh Tannenbaum oh Tannenbaum, wie grün sind deine Blätter. Già convincere il marito a comprare l’albero finto è stata un’impresa – mi rendo conto che l’albero finto non sia proprio il massimo dell’eleganza ma io non voglio essere complice dell’annuale strage di abeti! Se poi l’alberello finto deve essere decorato “all’italiana”, allora i contrasti non sono solo estetici ma addirittura culturali. Sven non è il solo, molti altri tedeschi prendono in giro i nostri alberi italiani perché lampeggiano. Ma non è proprio questo il bello, la sana psichedelia pacchiana che io sfacciatamente definisco giochi di luce casalinghi? Non è liberatorio, una volta l’anno, lasciarsi andare alla kitscheria natalizia becera che fa tanto atmosfera?
Il mio alberello milanese, oltre ad avere due velocità d’intermittenza, cambiava addirittura colore – giallo, rosso, blu! Le luci di quello amburghese, invece, sono fisse e severe. La decorazione meneghina era esageratamente “glamour”, carica com’era di boa dorati e fili argentati. Quella anseatica, invece, è molto più sobria ed elegantemente meditata.
Ci sarebbe poi un altro tema di discussione interculturale ossia quando arriva Babbo Natale? Quando si aprono i regali? Però di questo ne parlerò in uno dei prossimi post (intanto leggete una storia vera qui).
Ma una cosa mi sento ancora di dire: consiglio a tutti di sfidare il freddo, bardarsi a dovere e bersi un bel vino bollente all’aperto – non importa se al mercatino di Natale di Amburgo, sul balcone di casa in montagna o in piena circonvallazione a Milano.
E c’è anche un’alternativa per gli astemi, le gravide, i guidatori e chi ha già alzato il gomito: far scaldare in un pentolino un litro di succo di mela con un bastoncino di cannella, un cucchiaio di miele e chiodi di garofano. Vi guarirà l'anima!