Il 2016 si apre con una parola speciale, uno di quei vocaboli tedeschi difficili da tradurre in modo elegante e che nella traduzione perdono molto, troppo del loro significato.
"Nostalgia di paesi lontani", recita il dizionario del Corriere.
Io provo a farne una traduzione più terra terra e che si ispira pragmaticamente
alla situazione che sto vivendo mentre scrivo: "lo scazzo che ti prende
quando torni ad Amburgo dopo un viaggio bellissimo in un paese lontano e caldo".
Siamo stati dall'altra parte del mondo. Il primo Natale lontano da casa - e
ognuno interpreti casa come meglio
crede - una fuga da un anno troppo intenso, uno schiaffo ai sensi di colpa, un
modo per convincerci ancora di più che avere bambini vuol dire vivere, come
prima, più di prima.
Siamo tornati da 5 giorni e siamo degli stracci. Non è il cambio di orario
che i nostri bambini non hanno ancora ben afferrato. E non è solo l'essere
passati da 30 gradi a -7.
Fernweh è...
... risentire il rumore delle onde di quella spiaggia deserta sulla UBahn affollata delle 8.
... asciugarsi i capelli con il fon e arrendersi al fatto che la piega perfetta è
quella del vento.
... incavolarsi per una macchia di caffè sulla camicetta appena messa e rendersi
conto che in viaggio i vestiti erano ben più sporchi (e la cosa non dava fastidio affatto).
... non aver ancora svuotato la valigia perché averla piena ai piedi del
letto fa credere che il viaggio non sia del tutto finito.
... la sveglia, il bambino che frigna per vestirsi, il capo il lunedì mattina.
... fare i conti e sapere che prima del prossimo viaggio dall’altra parte del
mondo dovremo scorrere un calendario intero.
Però, in fondo, è bello sapere che questo Fernweh sarà con me ancora
qualche settimana, prima che la routine mi si riarrotoli addosso.